Nel centenario della nascita di Sciascia non poteva mancare la recensione di un suo celebre romanzo che ancora non ha finito di dire quanto ha da dirci; questa importante recensione è firmata dalla nostra valente caporedattrice, Giovanna Longobardi (II A classico). Buona lettura!
Quando Leonardo Sciascia pubblica, nel 1966, il romanzo A ciascuno il suo, si è già occupato di mafia, ne Il giorno della civetta. Tra i più significativi scrittori italiani del secondo Novecento, Sciascia fu il primo a scrivere di criminalità organizzata, in anni in cui – come dichiarò egli stesso – «il Governo non solo si disinteressava del fenomeno della mafia, ma esplicitamente lo negava». Con uno stile secco e disincantato, attraverso la contaminazione fra romanzo giallo e romanzo di denuncia civile, mise a nudo la realtà siciliana, il sistema di potere malavitoso, le implicazioni e le connivenze tra mafia e politica.
La vicenda di A ciascuno il suo si svolge a partire dall’agosto del 1964 in un paese dell’entroterra siciliano, sconvolto dal duplice omicidio, durante una battuta di caccia, del medico Roscio e del farmacista Manno, che qualche giorno prima aveva ricevuto una lettera anonima in cui veniva minacciato di morte, lettera che, convintosi si trattasse di uno scherzo, aveva ignorato. Subito si ipotizza un regolamento di conti per una presunta relazione di Manno con una frequentatrice della farmacia in cui anche Roscio sarebbe rimasto fatalmente coinvolto. Segue, invece, un’altra pista il professore liceale Laurana, interessatosi al caso più per curiosità che per l’amicizia con il medico, avendo notato sul rovescio della lettera le parole unicuique suum – da qui il titolo del romanzo – ritagliate dalla testata de L’Osservatore Romano. La lunga indagine lo porterà a incontrare un deputato comunista, a cui lo stesso Roscio, qualche settimana prima di morire, aveva promesso dei documenti compromettenti su un potente notabile del paese. Laurana intuisce, quindi, che il vero bersaglio era il medico, mentre la lettera a Manno era un tentativo di depistaggio. E man mano giunge alla verità: Roscio aveva scoperto la relazione che sua moglie Luisa aveva con suo cugino, l’influente avvocato democristiano Rosello, e aveva ricattato quest’ultimo minacciando di rivelare i suoi numerosi affari illeciti. Laurana si propone di tenere per sé i risultati della sua indagine, ma, sedotto e ingannato dall’avvenente Luisa, a sua insaputa complice dell’amante ai danni del marito, viene ucciso e seppellito in una solfatara. Circa un anno dopo l’assassinio di Roscio, in paese si festeggia il fidanzamento di Luisa e dell’avvocato Rosello, sancendone così la vittoria definitiva.
Desolante e angosciosamente amaro è lo spaccato offertoci da Sciascia; un monito fortissimo e insieme sfiduciato. Gli sforzi di Laurana, descritto come un uomo timido, riflessivo, non coraggioso, che più volte cerca di lasciar perdere l’indagine, risultano tragicamente vani. Egli è vittima di un intrigo che mai avrebbe immaginato così oscuro e spregiudicato; è un ingenuo e uno sconfitto. Viene definito «un cretino», poiché non si è adeguato alla mentalità omertosa del paese, alla coltre di menzogne e silenzi che tutto copre. Dal finale del libro si comprende, infatti, come molti paesani fossero a conoscenza della causa dell’omicidio e dei responsabili, ma – come profetizza il titolo del romanzo – ognuno fosse tenuto e abituato a occuparsi dei propri affari, a salvaguardare i propri interessi.
La vera protagonista, ben più pericolosa della bella Luisa, è quindi la mafia, che, pagina dopo pagina, Sciascia delinea senza mezzi termini in tutta la sua ferocia e il suo marciume; una presenza orrenda, oscura e asfissiante. Un male immedicabile perpetuato da «galantuomini» e sorrisi compiaciuti, da «delinquenti incensurati, rispettati, intoccabili», tra favoritismi e corruzione. Garantito da una difesa giudiziaria pigra o compromessa, da opportunismi e vigliaccherie, dalla complicità delle autorità religiose e della classe politica.
Anche nell’Italia di oggi, in cui si mette in discussione l’ergastolo ostativo per reati di mafia e la crisi economica e sociale causata dal Covid-19 fornisce ennesima linfa alla criminalità organizzata, i romanzi di Leonardo Sciascia offrono una preziosissima lezione da tenere bene a mente, contro la perpetuazione di uno stato di cose intollerabile.